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Le Concessioni Demaniali Marittime: Il Futuro Delle Spiagge

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Un Nuova Sentenza

Pochi giorni è stata depositata la sentenza della Corte Costituzionale (109/2024) dove si dichiara incostituzionale la legge 2/2023 della Regione Sicilia in merito al recepimento della proroga delle concessioni dei beni demaniali marittimi a scopo turistico-ricreativo. Il futuro delle spiagge continua a essere riscritto.

Questa sentenza segue il solco di una visione giurisprudenziale ormai assodata da simili sentenze che si sono susseguite negli ultimi anni. L’affidamento delle concessioni dei beni demaniali può rivelarsi la più grande rivoluzione del sistema turistico nazionale, in particolar modo per tutte le destinazioni che si affacciano su uno specchio d’acqua. L’esito non è scontato e migliaia di operatori del turismo cercano di navigare il dedalo normativo che è venuto a crearsi.

La Corte Costituzionale, nella sua più recente sentenza in merito, ci aiuta a ripercorrere gli interventi normativi degli ultimi quindici anni. Una puntuale disamina del travagliato percorso legislativo a cui sono state assoggettate le concessioni demaniali marittime.

 

La Svolta Della Bolkestein

Il primo scossone all’impianto legislativo nazionale arriva nel 2006 con la direttiva 2006/123/CE, la cosiddetta “Direttiva Bolkestein”. Una direttiva che si innesta in una più ampia progettualità volta a rendere il Mercato Europeo più dinamico e competitivo per gli operatori economici. È all’articolo 12 della direttiva che si entra nel cuore della questione “spiagge”. Infatti, al fine di tutelare la libertà di concorrenza, per quelle attività economiche che fanno uso di beni pubblici “scarsi”, il diritto dell’Unione Europea ha voluto imporre vincoli più stringenti. Per l’affidamento della gestione di beni demaniali come le spiagge, quindi, viene richiesto espletamento di una procedura di selezione. La titolarità dell’affidamento, inoltre, può essere rilasciata per una durata limitata adeguata, senza rinnovi automatici.

La visione Europea era (e per certi versi lo è ancora) molto distante dalla realtà legislativa italiana. Uniformare la normativa nazionale alla direttiva avrebbe richiesto un notevole sforzo politico che si sarebbe concretizzato solo diversi anni più tardi.

Nel 2011, a un mese dall’insediamento dell’esecutivo Monti, successivamente alla procedura di infrazione europea del 2009, viene abrogato il diritto di insistenza. Questo diritto, previsto all’art. 37 del regio decreto n. 327 del 30 marzo 1942, prevedeva un rinnovo automatico delle concessioni dei beni demaniali marittimi ogni sei anni. La legge n. 217 del 15 dicembre 2011, quindi, determina la cessazione dei rinnovi automatici e inaugura la stagione delle proroghe.

 

Di Proroga In Proroga: Un Decennio d’Attesa

Non potendo più godere del diritto di insistenza, il termine per l’affidamento delle concessioni viene prorogato al 31 dicembre 2020 (già inizialmente prorogato al 31 dicembre 2012) per mezzo del decreto legge “Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese” del 18 ottobre 2012. Con questa modalità, la scadenza delle concessioni viene prorogata di otto anni.

Nel luglio del 2016, la Corte di giustizia UE dichiara il contrasto tra quanto previsto dal decreto legge di quattro anni prima e l’articolo 12 della direttiva incriminata. Nonostante quanto evidenziato, con la legge n. 145 del 2018, appropinquandosi la scadenza del 31 dicembre 2020, viene prorogato il termine dell’affidamento delle concessioni di ulteriori 15 anni, cioè fino al 2033.

Le sentenze n. 17 e 18 del 9 novembre 2021 pronunciate dal Consiglio di Stato, però, rilevano il contrasto della precedente proroga con le norme UE. Le pronunce sono molte chiare e ribadiscono la necessità di predisporre le procedure necessarie per l’assegnazione delle aree demaniali. Al fine di evitare un significativo impatto socio-economico derivante dalla immediata decadenza delle concessioni in essere, tuttavia, il Consiglio di Stato ne ha comunque riconosciuto l’efficacia fino al 31 dicembre 2023.

Nell’estate del 2022, quindi, vengono abrogati gli articoli incriminati che prevedevano la proroga fino al 31 dicembre 2033, spostando il termine ultimo al 31 dicembre 2024 se e solo se vi fossero ostacoli oggettivi che impediscono la conclusione delle procedure ad evidenza pubblica.

A dicembre 2022, circa sei mesi dopo, però, il Parlamento con un decreto legge (Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi) modifica quanto previsto e proroga per tutti gli operatori la scadenza al 31 dicembre 2024, indicando il 31 dicembre 2025 come nuovo termine ultimo nel caso in cui insorgessero ostacoli nella normale realizzazione delle procedure di assegnazione.

Con la sentenza n. 7992 del 2023, il Consiglio di Stato torna a ribadire il contrasto tra il decreto-legge 198/2022 e la normativa UE, invitando le Pubbliche Amministrazioni a ignorare le ulteriori proroghe e iniziare a predisporre le procedure ad evidenza pubblica.

 

Le Prospettive Future

Qualche Comune, come Jesolo, si è già portato avanti indicendo le gare pubbliche per l’assegnazione delle concessioni. La maggior parte degli Enti Pubblici Territoriali, però, attende che siano gli organi dello Stato a dirimere la questione, indicando precise e puntuali procedure uniformate a livello nazionale.

L’impasse in cui versa il settore turistico marittimo non permette agli operatori economici la programmazione delle future stagioni turistiche, bloccando progetti e investimenti.

 

Come si ripercuote tutto questo sul turista?

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